Partendo dalla considerazione che la scena sembra occupata dagli appassionati interrogativi su quanto Monti sia di destra, o Veltroni di sinistra, o quanto credibilmente Berlusconi reciti da uomo di Stato, così si esprime il filosofo Massimo Cacciari, dalle pagine di un noto settimanale politico:
è refrain costante il lamento sulla scarsa o nulla propensione alla partecipazione politica. Se non nella forma negativa della protesta e della denuncia.. E la questione si derubrica immediatamente pensando di poterla risolvere con maggiore "capacità di ascolto", maggiore democrazia nei partiti e gli immancabili appelli alle civiche virtù.
Ma che cosa significa un'autentica, forte partecipazione politica, come certamente vi fu nella Prima Repubblica, almeno fino agli anni ottanta? Chi partecipava erano soggettività antagonistiche sul piano dei valori e delle strategie. La storia questo insegna: che tanto più si prende parte, e cioè si partecipa al gioco politico, quanto meno esso appare un gioco, una semplice competizione di tipo mercantile (il "mercato politico").
Insomma, partecipazione è sinonimo di conflitto. Ma proprio intorno a questo ruota oggi, invece, la concorrenza tra le leadership politiche: su chi possa più efficacemente garantire il superamento del conflitto, e cioè la liquidazione delle ragioni stesse della partecipazione.
E non c'è dubbio che "il pensiero di mia suocera" si muova oggi tutto nella prospettiva di questa liquidazione. Che è quella di una democrazia essenzialmente procedurale. La cultura di cui Mario Monti è raffinato esponente è questa e non potrebbe essere diversamente. Una democrazia procedurale si auto-riproduce attraverso il meccanismo del voto, come si trattasse di un bene in sé.
Quando partecipazione era, invece, conflitto, tutte le parti concepivano, nei fatti, la democrazia come una via, un metodo per conseguire obiettivi-valori, non solo ciò valeva, in Italia, per socialisti e comunisti, ma anche, e per per certi versi ancor di più, per molti e decisivi settori del mondo cattolico, sulla base anti-liberista della dottrina sociale della Chiesa.
Mia suocera (e suo nipote) voglioni decisioni e a nulla sono interessati meno che a partecipare. Questa è la ragione antropologica per cui Monti a loro va bene, o comunque mille volte meglio di quelli che avevano votato.
Conclude: risalire la china,
giungere a concepire democrazia come partecipazione e conflitto, spazio dove strategie e culture politiche sanno confrontarsi, e non mera procedura, sarà la "missione impossibile" della terza Repubblica, dopo la mai nata seconda e i suoi mai nati partiti.
In sintesi: per Massimo Cacciari la nostra non è più una democrazia partecipativa, come è stata fino agli anni ottanta, quando ogni parte politica si faceva carico di istanze conflittuali sul piano dei valori, degli obiettivi, delle strategie e le portava avanti con forza e decisione.
Ora la nostra democrazia è essenzialemete procedurale, diventando però in tal modo un bene in sé, non più un mezzo, una via, uno strumento per conseguire risultati specifici, peculiari delle varie categorie sociali.
A sua suocera (e a suo nipote) Mario Monti va bene, più dei leaders che hanno contribuito ad eleggere, perché l'attuale Presidente del Consiglio è un raffinato esponente della democrazia procedurale e a loro, per nulla interessati a partecipare, interessano solo le decisioni rapide. Doloroso, ma vero, aggiunge. |
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Egregio Professore, in linea generale la sua analisi è condivisibile, ma a mio modesto parere un difetto ce l'ha: è un po' troppo teorica, non tiene conto della realtà che stiamo vivendo e non tiene conto del processo evolutivo che hanno subito i partiti, e poi potrebbe contenere una evidente sottovalutazione di sua suocera: spero non si offenda se le consiglio di osservarla con maggiore attenzione!
Ed ora il mio pensiero (incomincio un po' da lontano): nell'immediato post-guerra vi era l'assoluta necesità di costruire dalle fondamenta una nuova Italia, là dove le differenze culturali e sociali erano notevolissime: tra chi possedava nulla o quasi (la grande maggioranza), e chi era benestante o ricco, tra chi possedeva case e terreno e chi doveva lavorare quel terreno con il sudore della fronte.
E' naturale che in una situazione di questo genere sia stata la politica del tempo a gestire i grandi conflitti sociali, sulla base di specifiche convinzioni ideali e, cosa molto importante, lasciandosi guidare da grandi tensioni morali.
Nel momento, però, in cui la società si trasforma, da prettamente rurale, qual era inizialmente, diventa prevalentemente industriale, inevitabilmente anche i conflitti si attenuano, poiché le"distanze" diminuiscono (utilizzando una parola di moda diremmo che diminuisce il gap tra le categorie sociali).
Ed allora anche la politica si trasforma: da prevalentemente "progettuale e costruttiva", diventa una politica di "mantenimento": si "limita" a mantenere e gestire i livelli di benessere che la società ha raggiunto (anche utilzzando modalità non consone, vedi aumento del debito pubblico).
E' esattamente in questo momento: quando le distanze diminuiscono e i conflitti si attenuano, quando non ci sono più grandi motivazioni, quando si hanno (o si crede di avere) pochi obiettivi veri da raggiungere, la democrazia perde i suoi tipici connotati di partecipazione attiva e conflittuale e diventa essenzialente procedurale. Ed è in questo momento che può succedere di non capire bene se Monti sia di destra o Veltroni sia di sinistra, non parecchi anni prima, quando si capiva benissimo a quale forza politica appartenesse l'onorevole Veltroni.
Oppure può succedere che Veltroni e Fini utilizzino la stessa identica frase, il primo durante una lezione su "Cos'è la libertà" e il secondo durante la cerimonia di costituzione del suo nuovo partito.
"Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente, a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave"
Antoine de Saint-Exupéry - Il piccolo principe
(A proposito, Monti è di destra o di sinistra? La giunta di Milano è di destra o di sinistra? Sarei proprio curioso di saperlo!).
Ma non è un fatto grave che una democrazia diventi più procedurale che partecipativa, è un normale processo evolutivo. Inoltre, anche la partecipazione si è evoluta: si partecipa con i referendum, con le manifestazioni di piazza, con il web, con le liste civiche, in molti modi.
Nelle grandi democrazie del Nord Europa la partecipazione al "gioco politico" è poca e durante le elezioni, ad esempio, l'affluenza al voto è decisamente inferiore rispetto a quella italiana, eppure sono grandi democrazie,
interessate prevalentemente ai risultati (e i risultati li ottengono, vedi la Germania!).
La cosa grave per l'Italia è che, contemporaneamente ad un cambiamento "strategico", vi è stata una pericolosa involuzione di tipo etico-comportamentale che ha condotto la politica stessa e i cittadini ad approfittare delle situazioni per scopi personali, infischiandosene del bene comune.
E quando la politica approfitta delle situazioni, e i cittadini fanno lo stesso perché nessuno dice loro di agire diversamente (tutt'altro!),
può succedere, purtroppo, che la stessa non sia pronta, non abbia più l'abitudine e la forza per affrontare situazioni particolarmente difficili come sono quelle attuali: è questo il motivo per cui è stato chiamato Mario Monti, per risolvere situazioni che la politica non era capace di risolvere.
La scelta effettuata dal Presidente della Repubblica è stata una scelta obbligata: in quel momento la politica non aveva la "statura morale" e la capacità necessarie per effettuare scelte rapide e coraggiose che consentissero all'Italia di superare la grave emergenza.
E, rifletta bene: può darsi che sua suocera non sia affato interessata a partecipare, ma può anche darsi che abbia intuito l'assoluta necessità di scelte non più rimandabili per l'Italia (e per suo nipote!).
Per questo le ho consigliato e le consiglio, con rispetto, di osservarla con maggiore attenzione, perché, a volte, la prima impressione può essere sbagliata, ed allora è necessaria una seconda e, forse, se non basta, anche una terza!
Una volta superata la fase del governo Monti, se la politica ritroverà la giusta tensione morale ed anche le necessarie motivazioni, potrà riappropriarsi del suo ruolo di forza trainante, continuando a muoversi nell'ambito di una democrazia essenzialmente procedurale, perché tornare indietro e tornare alle grandi dispute ideologiche, significherebbe ricominciare daccapo, ricominciare ad odiare l'avversario e ad odiare il "padrone", e questo gli italiani non lo vogliono proprio. E poi le nuova realtà impongono scelte rapide, veloci, sicure (l'Europa e i mercati vigilano come falchi!).
Se ancora una volta i partiti non si faranno trovare pronti? Richiameranno lui, Mario Monti, perché la differenza con gli altri (certi altri), piaccia o non piaccia, è quella che passa tra sollevare con garbo ed eleganza un bicchiere e bere un piccolissimo, impalpabile sorso di buon vino rosso, e sollevare il dito medio della mano destra: notevole, no!
(a proposito di quest'ultima azione, dati gli ultimissimi sviluppi, avrei una gran voglia di aggiungere qualcosa, ma mi trattengo, per educazione!)
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